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Ci vorrebbe il mare

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Ci vorrebbe il mare per non ascoltare
tutte le immagini che spostano la polvere
che stava sotto il tappeto.
Ci vorrebbe il mare per riuscire a sentire
quanto male fa.

Ci vorrebbe il mare.
E ci vorrebbe il sostare, accanto
a scambiarsi l’idea che va bene così,
con i difetti, i limiti e tutto il resto.
Che non è come siamo a fare la differenza,
è come facciamo essere
chi ci sta accanto. Chi ci scegliamo
accanto.

Ci vorrebbe ancora quella riva, e quel guardare lontano,
a ricordare che il verbo essere funziona
solo al plurale. E che siamo responsabili della felicità
dell’altro.

Proprio come questo

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I’ve been reading books of old, the legends and the myths:
Achilles and his gold, Hercules and his gifts,
Spiderman’s control and Batman with his fists.
And clearly I don’t see myself upon that list.

She said “Where’d you wanna go? How much you wanna risk?
I’m not looking for somebody with some superhuman gifts:
some superhero, some fairytale bliss.
Just something I can turn to,
somebody I can kiss”.

The Chainsmokers & Coldplay, Something just like this

Oggi indosso la giacca dell’anno scorso

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Siamo
esperti
traslocatori.
Passiamo le giornate a mettere
in ordine
pezzi di noi negli altri:
li riponiamo lì, con estrema cura ed efficacia,
con incondizionata fatica.
Senza nemmeno accorgercene.

Poi, una mattina, succede
che ci svegliamo e non ci troviamo.
Nemmeno a cacciarsi due dita
nel cuore per vomitare:
non c’è verso di
riconoscersi,
da quella mattina.

Ripostiglio

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Cioè.
Tu, passi la tua vita a riempirti. Ti fai tutte le tue belle esperienze, i tuoi calcoli. Raccogli quello che ti piace, butti via, impari, compri, provi, sperimenti. Archivi atteggiamenti, modi di fare, battute, frasi, comportamenti.. e sei fiero di tutto ciò. Sei fottutamente fiero di tutto quello che hai. Ti sei fatto un bagaglio e questo bagaglio ti piace un sacco. Ti piace davvero tanto.
Talmente tanto che ti tieni tutto stretto. Non ci credi, gli altri non capirebbero niente di tutto quello che hai dentro.
Un po’ perché è roba solo tua e su di te, un po’ perché pensi che siano cose complicate, mica tanto semplici. E un po’ perché, cacchio, sono talmente belle che non le vuoi dividere con qualcun altro.

Poi.

Un giorno.

L’implosione.
Arrivi ad avere una meravigliosa voglia di mostrarti.
Di usarle, tutte quelle cose che c’hai stipato dentro.
E allora via. Situazioni, incontri, scontri.. realtà.
Inizi a vivere mille mila cose e a portar fuori roba.

Ed è qui che cade il problema.

Se tutto va bene, se quello che porti fuori ha successo, se gli altri capiscono esattamente cosa vuoi dire o fare, ti senti maledettamente realizzato e più porti fuori più ti senti pieno zeppo di utilità.
Ma se anche solo una o più di una delle tue idee fallisce, sei fottuto.
Se non condividono ciò che hai, se non piacciono, se te le ritrovi sbagliate, se non sono giuste, se quando le hai in mano a te per primo sembrano merda, se stonano, se non sono come credevi, se puzzano, se non le avevi capite, se non centrano, se non escono, se non rientrano…

Se ti deludono, sei fottuto.
E’ finita.
C’hai un mondo stipato dentro e non sai che fartene.
C’hai la porta spalancata e non esce più niente. Soffochi.
Piano piano. Ti schiaccia.

C’hai un mondo incastrato dentro.
E che cazzo me ne faccio di ‘sto mondo?
Non lo sai.

Non lo sai.

inoizuloS

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Se fossi tua amica ti direi di stare attento. Ma poi sarei ripetitiva.
Sarà che sei ripetitivo pure tu.
Se uno cade e si taglia, gli metto il cerotto, se uno cade e prende una botta, gli metto la pomata.
Se uno cade e si taglia, gli metto il cerotto.
Se uno cade e si taglia, gli metto il cerotto.
Se uno cade e si taglia, gli metto il cerotto.
Se uno cade e si taglia, gli metto il cerotto.
Se uno cade e si taglia gli metto il cerotto.
Non sono ripetitiva io che metto il cerotto.
E’ che si taglia sempre.